Un cambio di legislatura non finisce con il giuramento dei parlamentari, ma soltanto con la nuova composizione delle commissioni. Durante la prima sessione di una nuova legislatura l’Ufficio di ognuna delle Camere nomina i membri delle proprie commissioni. Questi rimangono in carica quattro anni, con possibilità di rielezione.
Complessivamente, nelle commissioni delle due Camere si devono occupare 427 seggi. Una chiave di ripartizione perfezionata garantisce che, in base al rispettivo numero di parlamentari, tutti i gruppi siano rappresentati adeguatamente in quasi tutte le commissioni. Già soltanto un cambiamento apparentemente insignificante della dimensione del gruppo di uno o due seggi può significare che ad esso venga assegnato un numero troppo grande o troppo piccolo di seggi nelle commissioni. Ecco perché i gruppi amano «corteggiare» i parlamentari senza partito. Appare altresì chiaro che un’eventuale fusione di partiti a formare un gruppo parlamentare più consistente può essere una mossa strategica per dare maggiore peso a un punto di vista comune.
Qui di seguito un esempio che mostra le possibili ripercussioni che la nomina di un nuovo parlamentare può avere sulla composizione delle commissioni: con l’elezione in Consiglio federale nel dicembre del 2018 della consigliera agli Stati Karin Keller-Sutter (PLR), il seggio in Consiglio degli Stati rimasto vacante doveva essere rioccupato. Benedikt Würth (PPD) lo ha assunto nel maggio del 2019, rendendo così il suo partito il gruppo più forte nella Camera alta. Il PPD ha quindi ottenuto il diritto ad avere un parlamentare supplementare in ben tre commissioni incrementando così la propria influenza politica nelle commissioni del Consiglio degli Stati.
Con le elezioni del 20 ottobre 2019 è nettamente mutata la composizione del Parlamento. Dato che le commissioni incaricate dell’esame preliminare indicano l’orientamento per le successive decisioni delle Camere, si vedrà in quale misura il passaggio alla 51a legislatura comporterà anche un cambiamento di politica.